E’ passato ormai un anno dal mio inserimento al nido. Sì, perché ad essere inserita al Ghirigoro sono stata io, non certo mia figlia. Viola semmai è stata dolcemente accompagnata dalle educatrici alla scoperta delle proprie potenzialità, delle risorse che le hanno permesso di sentirsi a suo agio in così poco tempo lontano dalla mamma. Ed io che pensavo mai ce l’avrebbe fatta ad addormentarsi senza il mio seno, mai sarebbe riuscita a riporre fiducia nell’abbraccio delle maestre, mai si sarebbe congedata da me senza lacrime.
E’ ora di salutarla, di uscire dalla porta della sezione. Respiro, la guardo con un sorriso pieno e la bacio. Un bacino bellissimo. “Ciao Viola, a dopo!”. Ecco fatto. Mi dirigo ad attendere e lì mi aspettano i miei mille dubbi di madre. Dopotutto, che madre sarei se non ne avessi?
Mi riguardo ora muovermi meccanicamente in quegli istanti lontana dal mio amore e penso a quanto invece mi sia dovuta ricredere. Viola mi ha stupita e commossa. Non si è addormentata senza lacrime, ma fra braccia che la cullavano dolcemente; ha avuto momenti difficili, sì, ma ha saputo trovare conforto; non voleva lasciarmi andare, ma il suo interesse è stato subito rapito dal nuovo mondo attorno a lei.
Il mio inserimento al nido mi ha dato l’opportunità di scoprire l’importanza di riporre fiducia nella mia bambina ed è una scoperta che ogni giorno mi accompagna: oggi non mi sono avvicinata a lei per toglierle le scarpe ma ho atteso, con pazienza. “Tolto scarpe mamma!!” grida felice. Mi piacciono questi momenti di attesa, sono densi densi di aspettative ormai, non più di dubbi.
Saper abbandonare, saper lasciare che il figlio faccia esperienza dell’assenza è importante quanto il garantire la propria presenza amorevole.
M.Recalcati