Sfumature dell’attesa

Chi è ancora capace di attendere in silenzio e senza pressoché muoversi?

Chi è ancora capace di osservare il fluire dei pensieri senza permettere al desiderio di guardare il nostro telefono senza filo di intromettersi?

Non per un paio di manciate di secondi, per minuti e minuti.

Colui che riesce scagli la prima pietra che trova, con urgenza e senza esitare, che in molti abbiamo bisogno di capire come sia possibile. Ci racconti il suo segreto, che noi facciamo proprio fatica a stare in un senso di vuoto.

Nell’attesa possiamo a volte percepire l’impulso ad agire. Soffermarsi nello stare può, d’altro canto, portare elementi inaspettati alla consapevolezza. Ricordi, emozioni, ragionamenti, possono affiorare e nel loro risalire in superficie ci regalano l’opportunità di giocarci con le dita e con lo sguardo, di sentirli, di cogliere nuove sfaccettature che in momenti precedenti non erano visibili. Punti di vista differenti rispetto i tempi passati, a volte sorprendenti. Possono essere attimi di apnea perché nel gesto di una bambina ora leggiamo il suo bisogno prima celato, irriconoscibile magari solo qualche ora prima perché eravamo aggrappati a tanta ira.

Oppure possiamo osservarci: un dettaglio, una scarpa, una postura del corpo, la sua morbidezza o rigidità. Cosa ci dicono di noi e della nostra evoluzione?

Soffermarsi per un tempo ampio sulle sfumature della quotidianità può essere una grande ricchezza per l’individuo, per colui che desidera leggere il tempo come cammino di cambiamento.

Poniamo l’acqua sul fuoco, abbracciamo una tazza.

Un cucchiaino di spezie, ne cogliamo l’odore.

Restiamo.

L’acqua sulle spezie.

E cogliamo le sfumature dell’attesa.

Con lo sguardo rivolto a noi. Restiamo.

Non andiamo. Ci fermiamo.

E cogliamo. Per trasformare.

O lasciare. O solo osservare.

Abbracciamo la tazza.

Un sorso per noi.

Ed attendiamo.

Che l’amore può essere lasciare. Spazio. Corpo.

Lasciare così come è.

Appoggiamo la mano, stentiamo a guardarla.

Ma arriviamo a lei.

E restiamo. In dolce ascolto.

Con tenerezza ci amiamo.

O forse non proprio.

Va bene.

Va.

Bene.

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