“Allora, io vado in palestra, il cavolfiore è pronto, devi solo metterci l’olio, il pesce è nel tegame e la tavola pronta. Adesso dritti filati a fare la doccia che la bambina puzza! Dopo cena mi raccomando, tutti i giochi a nanna al loro posto, che per terra in giro per casa non dormono bene. Al suono delle campane, come sempre, pigiamino e via sul lettone!”
Chi ha detto queste frasi? Mamma o papà?
Mamma, ovvio.
Perché ovvio?
Lo sappiamo bene, perché chi organizza il sistema familiare è la madre.
Ma dove si colloca il confine tra organizzazione lecita – se decisione presa in modo condiviso nella coppia – e svalutazione delle competenze paterne?
Nelle famiglie cosiddette “egualitarie”, nelle quali le cure del bambino nonché tutti gli altri aspetti della vita familiare vengono condivisi, la madre possiede il potere di far vivere o di cancellare il ruolo del papà. Tanti padri vorrebbero crearsi un ruolo non mediato dalla madre ma si vedono ostacolati dalle continue intromissioni di quest’ultima. Invasioni che non permettono il pieno sviluppo delle potenzialità del papà nella gestione della vita familiare e nella soddisfazione dei bisogni del bambino. Più i padri agiscono nelle mansioni di cura, più si scoprono competenti di nuove iniziative.
Generalmente il rapporto dei padri con i loro figli si esplicita per lo più in attività di interazione sociale, quello delle mamme maggiormente sul piano dell’accudimento inteso in senso stretto. Tuttavia anche i papà sono biologicamente predisposti per le funzioni di cura del neonato e queste si attivano tanto più facilmente quanto più il contatto del bambino col padre avviene in un momento vicino al parto.
Il fatto che il figlio si confronti con modi differenti – quello materno e quello paterno – di assolvere alle stesse funzioni risulta essere per lui un grosso arricchimento. Il cambio pannolino di papà è forse più “orientato all’obiettivo” di quello di mamma che invece tende a soffermarsi sul fasciatoio a parlare con il bambino, il gioco del papà più chiassoso, quello di mamma più tranquillo, il papà addormenta con una ninna nanna e mamma con il seno. Una volta adulti, i bambini che hanno avuto modo di confrontarsi con differenti modi di approcciarsi al mondo già in tenera età e proprio attraverso le figure genitoriali, è probabile che abbiano più facilità nell’attivare risposte adeguate davanti ad un comportamento inatteso e che affronteranno la novità non con timore ma con curiosità. Il bambino cresciuto in una famiglia nella quale la genitorialità viene condivisa, rispetto a quello cresciuto in una famiglia “tradizionale” di stampo paternalistico, è stato correlato con maggiori capacità di ragionamento critico, più successo scolastico, meno aggressività e meno problemi in adolescenza.
Le diverse esperienze ci insegnano dunque cose differenti. Banale a dirsi ma meno banale calare il concetto nella realtà quotidiana.
Noi mamme tendiamo a volere il controllo costante su tutto quello che accade ai nostri figli senza renderci invece conto che la dimenticanza degli stivaletti per la pioggia da parte del papà farà sentire l’umido fra i ditini dei piedi del bambino quando salterà felicemente dentro una pozzanghera e questa è una sensazione che solo i bimbi si possono permettere ed un bagnetto posticipato al giorno dopo per poter giocare tutto il pomeriggio al parco non può che essere salutare.
Sapersi mettere in disparte dunque, senza interferire nei – già pochi – momenti in cui padre e figlio giocano assieme, programmano un uscita, si sbellicano dalle risate, leggono un libro.
E di quel pizzico più o meno grosso di gelosia che sentiamo in un angolino del nostro cuore cosa ce ne facciamo? La prendiamo, la guardiamo e l’abbracciamo, orgogliose della sua presenza, orgogliose di essere madri.
Riferimenti pedagogici e bibliografici principali:
- dott.ssa Katiusha Andreon, psicoterapeuta
- Daniel N.Stern, Nadia Bruschweiler-Stern, “Nascita di una madre”
- dott.ssa Luciana Netti, psicoterapeuta